L’arroganza del mal-essere Leader
L’arroganza è uno dei tratti più distintivi di una leadership negativa, questo è oramai riconosciuto sia dalla psicologia ma soprattutto dalla quotidianità lavorativa. Chi non ha mai avuto a che fare con un superiore particolarmente arrogante?
Generalmente l’ufficio HR è ben informato di questi atteggiamenti perché gestisce ogni giorno molti “mal di pancia” dei collaboratori che si lamentano di atteggiamenti e comportamenti indisponenti da parte dei capi. A volte questo malessere è latente e viene sviscerato tra i corridoi con i colleghi, resta il fatto che è una delle principali criticità delle aziende. Da una cattiva leadership nascono molti problemi produttivi e gestionali che molto spesso, per esperienza sul campo, le aziende gestiscono troppo tardi o nella maggior parte delle volte “tamponano” la situazione con un bel corso di comunicazione che diventa il placebo di tutti i mali.
Il 100% delle volte il corso non porta benefici ma, al contrario, alza il livello di frustrazione dei partecipanti (generalmente sono i collaboratori del cattivo leader) facendo abbassare l’asticella della produttività e del benessere psico-fisico.
L’arroganza è un sintomo di malessere personale e si manifesta con atteggiamenti esagerati di superiorità, sarcasmo o parole offensive, comunicazione negativa che tende a svalutare le persone. Nasce da una bassa autostima personale che si manifesta in atteggiamenti difensivi, in questo caso vale il principio “la prima difesa è l’attacco”. Lo notiamo di più su un capo che verso un collega e questo perché il ruolo aziendale è naturalmente più alto per il primo e, per questo, diventiamo molto più critici e insofferenti.
I gruppi di lavoro, che hanno la sventura di avere un leader arrogante, hanno una produttività inferiore alla media aziendale e hanno criticità relazionali e collaborative con i membri degli altri gruppi. L’arroganza diventa un codice comunicativo che nel tempo risulta familiare agli stessi componenti del gruppo e quindi applicato anche verso altri individui. Quindi non solo un capo arrogante ma un intero gruppo di persone verranno percepite così.
Ho vissuto in prima persona questa esperienza avendo in aula un gruppo di persone che si lamentavano del capo ma nello stesso tempo manifestavano atteggiamenti arroganti verso la sottoscritta.
Un leader con atteggiamenti e comportamenti arroganti è sicuramente un leader debole, che vive un mal-essere personale che chiaramente non ammette e non sa gestire. Contrariamente a quanto si può pensare, questo tipo di persone, che appaiono “sicure” del fatto loro, hanno risultati produttivi mediocri e una bassa intelligenza emotiva che li rende impopolari all’interno dell’azienda. Quindi ciò che appare non corrisponde alla sostanza.
In questo caso, l’unico modo per dare una possibilità al leader è quello di inserirlo in un percorso di coaching con obiettivi ben chiari ossia rivolti alla consapevolezza del sé, alla comprensione dei comportamenti e agli effetti generati.
Oltre a questo è necessario una politica aziendale di tolleranza verso atteggiamenti offensivi e discriminatori. E’ ovvio che un percorso di coaching può aiutare ma siamo anche consapevoli che l’individuo stesso deve voler cambiare ingaggiandosi in prima persona. Ogni volta che si va a toccare aspetti di personalità e visione di sé dobbiamo essere consapevoli che lavoriamo sulla storia della persona, sul suo sentire e sulla sua immagine di essere umano e quindi nessun risultato è garantito ma sicuramente sarà garantita l’opportunità di cambiare.