Da Coordinatore a Coach

“Grazie al coaching  ho cambiato, in meglio, il mio modo di mettermi all’ascolto, soprattutto nei momenti più duri: quelli dei contrasti e dei conflitti. Ho considerato le indicazioni date dai feedback riguardanti l’osservazione dei movimenti, degli atteggiamenti, degli sguardi del mio interlocutore, chiunque esso sia. Ciò mi consente di vagliare meglio la mia risposta sia nell’atteggiamento che nei contenuti. Ciò che maggiormente mi ha colpito (e sorpreso) dagli incontri è il fatto che sia riuscito, attraverso dei colloqui, a mettere a fuoco, e quindi parlarne, del mio problema di ascolto. Solo così è stato possibile cercare di porre un rimedio. ” (Anna)

 “Adesso ho un nuovo punto di vista”, “Finalmente è chiaro”, “Essere ascoltati senza essere giudicati”, “Riprendere la visione reale degli eventi”.

Un’aula con venti coordinatori d’area di un’importante Azienda Ospedaliera riuniti con l’obiettivo di poter divenire coach  nella gestione delle proprie risorse, Grazie all’innovativa sfida lanciata dalla Responsabile della Formazione Sitra, iniziava così un nuovo cammino per partecipanti e trainer, per portare in Azienda questa nuova tecnica e questo nuovo modo di guardare a sé ed alle proprie risorse.

Una disciplina innovativa si apriva agli occhi dei partecipanti,  pur con alcune  comprensibili “resistenze” e “diffidenze” di fronte alla mancanza di conoscenza di tale particolare modalità formativa,.

Secondo l’approccio della International Coach Federation,  per attività di coaching si intende “un rapporto di partnership tra coach e cliente che, attraverso un processo creativo, stimola la riflessione ed aiuta a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale”.

Applicando tale concetto alla realtà dei coordinatori d’area che debbono coordinare un gruppo di persone  significa che le leve di azione non vanno a basarsi su un rapporto di autorità, bensì di riconoscimento di un’autorevolezza acquisita grazie agli stimoli indotti dall’azione e dalle tecniche di coaching.

“tecniche di coaching” poiché tale attività implica un “processo creativo”: nulla nel coaching è pre-determinato. Tutto si “forma” nella interazione e nella relazione tra individui ed evolve verso sentieri non prestabiliti. Questo perché il processo creativo “stimola la riflessione”, innanzitutto.

La sfida introdotta con l’attività formativa era multipla: da un lato il “far diventare coach” i coordinatori d’area si riassumeva sia nell’approccio relazionale, sia nell’utilizzo di alcune tecniche specifiche; dall’altro, tale sfida diveniva particolarmente difficile poiché implicava che i coordinatori si mettessero “a nudo” lavorando sul proprio “iceberg sommerso”, in un percorso dal tempo limitato.

In tal senso il coaching non si limita a trasmettere tecniche manageriali, bensì entra nel merito di cosa ci sia dietro ai propri comportamenti.

E per far ciò focalizza l’attenzione sulla consapevolezza.

La presa di consapevolezza, l’analisi oggettiva “dello stato attuale” permette di vedere innanzitutto le distorsioni indotte dalle nostre interpretazioni (pregiudizi) ed in secondo luogo di focalizzare distintamente l’obiettivo  e, di conseguenza, il “lavoro da fare” per raggiungerlo.

Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla.
(Martin Luther King)